Il Pianeta Latente (Accoto 2024 | preludio)


Intelligenza artificiale come provocazione di senso |
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L’intelligenza artificiale è un nuovo modo d’essere (abitato) del nostro pianeta. Prefigura (e configura) l’ennesima ultima terraformazione del nostro mondo, la sua imminente e altra condizione di esistenza, di esperienza e di intelligenza. Non è configurabile, tuttavia, come un’intelligenza in sé e per sé (artefatto strumentale), ma sempre e soprattutto come un’intelligenza con altri (assemblaggio sociotecnico) e per altri (costruzione sociomorfica). Non va, dunque, né reificata depotenziandola a mero insieme di tecniche inette e neutre né personificata sovradimensionandola come intelligente, cosciente, senziente alla maniera dell’umano. O, meglio, di come pensiamo che l’umano pensi. Di fatto, è insieme λόγος e ἔργον: istanzia cioè catallatticamente, simpoieticamente e proletticamente nuove cognizioni del mondo e nuove divisioni del lavoro. Come per altri passaggi nella storia della civilizzazione umana, scardinerà ordini del discorso (regimi di verità/falsità) e modi di produzione (regimi di realtà/irrealtà). A questa sfida epocale (non episodica) stiamo oggi faticosamente tentando di rispondere con strategie varie, auspicate come convergenti: istruzione educativa, regolazione giuridica, conformazione etica, direzione politica. Sono tutte necessarie naturalmente. Temo, però anche, non sufficienti. Imprescindibili, dunque, ma non bastanti per la missione ardua che ci attende sin da subito. Perché la dimensione esistenziale in divenire che abbiamo qualificato ideologicamente come < intelligenza artificiale > è, in ultima istanza, una provocazione di senso planetaria. Evoca e sostanzia, cioè, un radicale attacco culturale all’idea (storicamente costruita e diveniente) di umano e di civiltà umana. Un colpo, questo, che ha sorpreso non poco la specie sapiens arrivando a produrre, quasi all’improvviso e sulla sua viva pelle, una nuova ferita narcisistica, profonda e dolorosa. La cura approntata, ad oggi, per questo trauma da politica, educazione, etica e legge è, in buona misura, di natura narcotica (lo scrivo qui con un intento volutamente esplorativo, ma perturbante anche). È, direi, fondamentalmente una strategia sedativa delle inquietudini speciste e palliativa delle criticità tecniche. Di conseguenza, i discorsi più comuni ripetono un mantra pressoché unico e consolatorio: l’umano deve rimanere nel loop e in controllo, deve essere al centro e all’apice delle decisioni, deve confermarsi come unica soggettività intelligente, cosciente, senziente. Nella gran parte dei casi – occorre saperlo – si tratta di una forma di narcosi del pensiero talvolta accompagnata da una palese volontà anestetica dell’etica. Oltre che della politica, del diritto, dell’educazione e di molto altro. Antropologicamente condivisibile e confortante di certo, ma filosoficamente digiuna, culturalmente debole e politicamente ingenua. Perché con il dispiegarsi planetario dell’intelligenza artificiale, noi non affronteremo solo problemi tecnici (con vulnerabilità e rischi reali di discriminazioni, manipolazioni, deprivazioni, polarizzazioni, alienazioni, contraffazioni). Piuttosto e più radicalmente noi fronteggeremo delle provocazioni intellettuali. A partire da quella primaria sulla natura dell’umano (chi siamo? o meglio, chi diveniamo?) declinata poi in molte altre domande di senso e di scopo: può esistere una scrittura formalizzata senza l’autore come accade per i modelli linguistici su larga scala? e una fotografia realistica senza il referente come avviene per le immagini sintetiche? e un’autonomia decisionale della macchina senza l’umano come immaginata dagli agenti artificiali? Questi non sono solo problemi, sono anche e soprattutto provocazioni. E se ai problemi tecnici lavoreremo, nel tempo e a tentativi, per trovare una soluzione ingegneristica di qualche tipo (informatica, legale, istituzionale e così via), alle provocazioni intellettuali dovremo invece rispondere, di necessità, con l’innovazione culturale. A questo compito più alto siamo oggi chiamati tutti e tutte: alla produzione di nuovo senso e di nuovi significati per questo nostro nuovo abitare terrestre e poi in futuro, chissà, magari anche esoplanetario. Una produzione di senso che a partire dall’ardimento delle domande (che preannunciano, di fatto, una catastrofe) si faccia carico del compimento delle risposte (che indicano, a bilanciamento, un altro orizzonte desiderato, preferibile e possibile). Detto poeticamente, dobbiamo allora avere il coraggio di fare pensieri sovrumani. Per significare nuovamente e diversamente l’idea di umano (noto e dato) e promuovere nuovi orizzonti. Più inclusivi, più sostenibili, più giusti, più aperti, più prosperi e more-than-human. Sovrumani per l’appunto e non sovrani. Per orizzontare oltre il catastrofare …  

(Cosimo Accoto, 2024, v.7, draft, forthcoming, continua 1/n)

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Cosimo Accoto

Research Affiliate at MIT | Author "Il Mondo Ex Machina" (Egea) | Philosopher-in-Residence | Business Innovation Advisor | www.cosimoaccoto.com