Oggi su Harvard Business Review un mio intervento speculativo e filosofico sull’intelligenza artificiale linguistico-generativa letta come: (a) strumento, (b) sistema, (c) istituzione. Un’esplorazione strategica azzardata sul senso e sul destino dei modelli linguistici su larga scala oltre la dimensione strumentale verso quella istituzionale. Un grazie al direttore di HBR Enrico Sassoon per l’interesse verso le mie esplorazioni filosofiche, per l’invito a contribuire alla discussione a partire da un suo dialogo e per l’ospitalità calorosa …
Come ho scritto altrove: << … Sarà necessario che il nostro pensare intorno alle nuove ingegnerie (dalle intelligenze artificiali alle reti decentralizzate) evolva oltre la dimensione “(in)strumentale” -con cui ingenuamente molti le analizzano ancora- per andare verso una loro interpretazione più “(infra)strutturale e finanche “(neo) istituzionale”. È strategico cominciare a pensare, ad esempio, ai modelli linguistici su larga scala o ai registri decentralizzati a consenso crittografico non come mere strumentalità tecnologiche (dagli algoritmi di back-propagation ai protocolli di zero-knowledge proof ai dispositivi sim-to-real/real-to-sim e altro ancora) alla base di “soluzioni” e “sistemi”, ma come emergenti forme di “istituzioni” socio-economiche. E cioè potenziali (certamente anche arrischiate) istituzionalità più-che-umane che si affiancheranno e si incroceranno (e col tempo anche in competizione direi) con altre, diverse e più antiche istituzioni come le imprese, i mercati, le burocrazie, gli stati. Per cogliere speculativamente questa sorprendente capacità “istituente” della tecnica, dovremo allora dotarci di … >> (Accoto 2025, forthcoming)

