“Tecnicamente, il chaos engineering istanzia l’idea e la pratica ingegneristica di attaccare intenzionalmente, preventivamente e sempre più automaticamente le proprie architetture informatiche (e di business) al fine di poterne conoscere e testare sicurezza, consistenza e resilienza. Con questo scopo, si pianifica e si attualizza l’iniezione deliberata e arrischiata di caos entropico nel sistema mentre è in effettiva produzione (non in un ambiente di prova o di sviluppo) per esplorare e individuare preventivamente punti di debolezza, insospettabili criticità operative, interruzioni o fallimenti del servizio. Filosoficamente, il passaggio di paradigma è spaesante e paradossale. Il fallimento non lo si può estromettere del tutto dal tempo nè lo si può semplicemente allontanare nel tempo massimizzando la durata tra un fallimento e l’altro, il mean time between failure (o MTBF nel linguaggio tecnico). Neppure si può solo cercare di recuperare il fallimento nel tempo più breve possibile minimizzando il momento della sua riparazione (il mean time to repair o MTTR per i tecnici). Paradossalmente, l’unica via agibile per non farlo accadere è farlo accadere quanto prima. Accelerando, sollecitando il tempo del suo manifestarsi. Così evocando il caos all’esistenza” (Accoto 2019 in progress)