In tempi di transizioni tecnologiche e ambientali (intrecciate e forse a ben guardare indistinguibili), è fondamentale riuscire a illuminare al meglio la dimensione ecotecnica che abitiamo e che ci abita. Direi, allora forse, che non c’è terapeutica della “conduzione” umana (sostenibilità) senza una diagnostica della “condizione” umana (planetarietà). Questa terraformazione in divenire ci richiede, allora, anche di scardinare paradigmi speculativi, modelli culturali e inventari ristretti immaginando ecologie beyond nature e tecnologie beyond human. Come ha scritto qui Katherine Hayles nel primo capitolo -Three Species Challenges- dobbiamo provare a progettare una “general ecology of cognitive assemblages”.
