“Lavorare sui metaversi significa anche lavorare con profondità sui concetti di identità personale e sociale scavando nelle trasformazioni profonde che le nuove tecnologie producono nella costruzione, narrazione e attivazione del sé. Di fatto, i metaversi sono il nuovo laboratorio delle identità, delle agentività e delle im/possibilità identitarie (almeno quelle che si pretendono tali). In forme che non abbiamo conosciuto ed esperito prima. Per questo, occorre riuscire quanto prima a tornare (non acriticamente) sui nostri concetti tradizionali di soggettività e agentività per includere logiche, strutture, morfosi e dinamiche di soggettivazione, di identificazione, di agentificazione, di autentificazione, di profilazione nuove. Ragionando filosoficamente e ingegneristicamente di identità e di autenticità, di vite e di rappresentazioni del sé, ma oggi sempre più anche di wallet e di account, di avatar e di agenti, di profili e di persone (umane e oltreumane, naturali e sintetiche, videografiche e crittografiche, centralizzate, federate e/o distribuite, invisibili tanto quanto manifeste e influenti). Un primo passaggio da cui prendono le mosse Moeller e D’Ambrosio -richiamando anche testi classici come quelli dell’antropologa Margaret Mead e del sociologo Erving Goffman-, è il passaggio epocale recente “dall’identità alla profilicità”. Una svolta tecnologica sospinta ulteriormente dall’adozione dei social media e, direi, accelerata in ultimo dall’attuale sperimentazione innescata dalle realtà estese e dai metaversi. Una revisione caotica e generativa quanto arrischiata e gravida di conseguenze attese e meno. Le sperimentazioni di brand e imprese nel metaverso non potranno eludere una riflessione strategica su questi orizzonti. Con una battuta, direi, la prolificità della profilicità” (Accoto 2022
Così concludono il loro saggio Moeller e D’Ambrosio: “Sincerity demands commitment to roles. The outside is real, and the inside must back it up honestly, otherwise it is considered a dishonest fake. Authenticity demands the pursuit of originality. The inside is real, and the outside must be an accurate representation of it, otherwise it is considered a hypocritical facade. Profilicity demands the curation of profiles. The outside is real, and the inside must be truly invested in it, otherwise it is considered a deceptive fraud. Everyone is genuinely pretending. Every mode of identity makes us experience selfhood, but none really matches up all the incongruent dimensions of human life. To realize that we are genuine pretenders opens up a critical awareness of our contingencies. It eases identity” (You and Your Profile, p. 253)