“Chi e come conosce il mondo? L’intelligenza umana incorporata ha dominato il campo dell’osservazione e della cognizione del reale per lungo tempo reclamando a sè il primato della conoscenza del mondo. Lo ha fatto, almeno alle nostre latitudini, escludendo da queste possibilità animali e piante (eludendo, tra gli altri, il tema complesso delle ‘altre menti’ o delle ‘menti possibili’ oltre a quello delle ‘reti di attanti’). L’arrivo della cosiddetta intelligenza artificiale sembra aver nuovamente risvegliato questa supponenza umanocentrata. Almeno secondo due prospettive. Una prima tendenza incarna un umanesimo impaurito o arrabbiato. La seconda è, per converso, superficialmente entusiasta e tecnicamente galvanizzata. Quello timoroso o infuriato, a seconda dei casi, è un umanesimo che di fatto si ripiega su di sé (teso com’è a ricercare la sua essenza distintiva unicizzante e ad aggrapparsi a quella per cercare di preservare un nucleo eccezionale fondativo dagli attacchi della tecnica). Quello acclamante ed eccitato è viceversa un umanesimo in molti casi vittima in/consapevole dei propri antropomorfismi e sociomorfismi (si limita, cioè, a leggere l’AI come rispecchiamento/simulazione delle proprie capacità o, meglio, di quello che si pensa essere il modo dell’umano di percepire, osservare, conoscere, agire il mondo). Entrambe queste prospettive sono deboli e ingenue, pregiudizievoli e limitate e di parte. Ad osservare, conoscere e operare il mondo non è più solo “l’umano” (se mai fosse stato l’unico). Forme di osservazione, di cognizione e di esecuzione ‘more-than-human’ (macchiniche, rizomatiche, prolettiche, simpoietiche, chimeriche, alterosomiche) sono da qualche tempo in divenire e in dispiegamento. Ci chiedono di allargare il nostro sguardo oltre i confini culturali del naturale, del nativo, dell’autentico, dell’essenziale, del corporeo umanomorfico. Finanche nella fisica quantistica, l’idea così centrale dell’osservatore del sistema da intendere come primariamente umano è stata oggetto di critica e chiarimento. Lo ha ribadito di recente (IAI 2022) Carlo Rovelli: <The notion of “observer” should not be misunderstood. In quantum physics parlance, an “observer” can be a detector, a screen, or even a stone. Anything that is affected by a process. It does not need to be conscious, or human, or living, or anything of the sort … In the example of the process where you kick a ball and break a window, the “observer” is the glass of the window. It is the physical thing that is affected by the process. In this general sense, the notion of “observer” plays a role. It’s not a human observer, it is the physical system affected by a phenomenon”>. Se proprio abbiamo bisogno di un umanesimo, questo dovrà saper promuovere al suo meglio l’innovazione culturale (non la restaurazione culturale). Come fa, ad es., Fondazione Onassis pubblicando ora ‘Chimeras’ per esplorare le forme e i modi di questa cognizione sintetica” (Accoto 2023)